Bruxelles


Le aragoste di Natale e le balene franche

Il giornalismo populista frequentemente cavalca scandali e corruzioni nostrane con una vocazione culinaria e voyeuristica sulle note dei ristoranti con quella formula che suscita prurito e irritazione solo a leggerla: “cene a base di...”. Come se aragoste, astici e parenti stretti fossero elementi per un menù completo fra antipasto e dessert... Ah, che debosciati: è proprio quell’a-base-di che offre una visione di lusso sfrontato, dello schiaffo alla miseria e del discutibile indulgere a tali mollezze.

Il mercato globale delle aragoste dai diversi mari vale poco oltre 4,5 miliardi di dollari, in crescita stimata fino a...

... 5,2 con un aumento al netto del COVID fra il 2021 e il 2026. Un po’ più del valore del mercato del tartufo bianco (altra frequente origine di scandalo) che i sei miliardi li toccherà di qui a 10 anni. Il confronto fra i due a-base-di è improprio, perché l’aragosta è un settore dell’industria della pesca che comporta filiera e occupati di ben altra natura e portata. Ma lo stupore di fronte al populismo censorio insito nell’additare il goffo crostaceo è quasi comico: “Ha un costo meno astronomico di quello preteso per un filetto nei ristoranti veneziani” sentenziò Manuel Vázquez Montalbán nelle sue Ricette immorali. In effetti, si vende al supermarket e al chilo arriva a costare meno di un buon taglio di carne (e di molti prodotti vegani). Approda a Zafferano per una querelle economico-ambientalista che coinvolge l’Unione Europea e gli Stati Uniti. “Senti, è inutile che abbiamo fatto il gran casino per non accettare il TTIP, il trattato transatlantico sugli investimenti e i prodotti, se poi, settore per settore cominciamo ad aprire di qui e di là”, dice un’assistente parlamentare attentissima a dettagli e regolamenti.

Per usare la prosa secca del Fondo internazionale per il welfare animale (Ifaw), una ONG con sede a due passi dalla sede della Commissione Europea, “la UE sta per incentivare una delle principali minacce alla balena franca nordatlantica, in grave pericolo di estinzione, eliminando le tasse sull'importazione di aragoste dalla costa orientale degli Stati Uniti”. L’Atlantico nord-occidentale è affollato di canapi e boe di segnalazione delle nasse posate su fondali alla Sponge Bob e utilizzate per la cattura o l’allevamento delle aragoste che vengono poi esportate a ritmo elevato verso l’unione europea. Un voto di fine novembre del Parlamento Europeo toglie l’8% di tassa sull’import di aragoste in virtù di un mini-accordo estivo fra Usa e Unione Europea, spinta dalla lobby commerciale USA. Il 15% delle aragoste che si consumano in Europa arriva da quell’area costiera e per gli americani il mercato UE vale oltre 81 milioni di dollari all’anno. I canapi e le boe ingabbiano un numero crescente di balene franche del Nord Atlantico (il nome corretto italiano della Eubalaena glacialis), di cui ne rimangono grosso-modo 400 esemplari. È quindi chiaro che le aragoste siano un obiettivo di dibattito e polemica.

La battaglia era stata iniziata proprio al Parlamento Europeo lo scorso anno nel più classico dei modi: una interrogazione alla Commissione ante-Brexit da parte della liberale inglese Catherine Bearder. La Commissione rispose nella sua ultima sessione del 2019: le balene franche ci suscitano tenerezza e non vogliamo la loro estinzione, ma chi siamo noi per intrudere nella legislazione americana? Aggiungendo alcuni elementi importanti. La Commissione è impegnata a migliorare la conservazione delle popolazioni di balene e continuerà ad attuare pienamente l'impegno dell'UE per la conservazione di tutti i cetacei e ad affrontare la caccia alle balene, attraverso un'azione nazionale e internazionale, con la Commissione internazionale per la caccia alle balene (IWC). E ad appoggiare ampiamente la moratoria sulla caccia commerciale alle balene che rimane vietata nelle acque degli Stati membri o da parte di navi soggette alla giurisdizione di uno Stato membro. “Vedrai che troviamo una soluzione: chiederemo agli americani di progettare sistemi di recupero delle nasse che siano meno pericolosi per le balene come segnale di buona volontà...” conclude la chiacchiera l’assistente parlamentare che ha seguito puntigliosamente il dossier.

Siamo a Natale, senza ristoranti aperti e con le gastronomie che lavorano già a pieno ritmo a raccogliere prenotazioni per piatti preparati per le cene del 24, i pranzi e le cene del 26 e poi San Silvestro e Capodanno. Bruxelles si affolla come se nulla fosse accaduto, degli abituali gran gazebi eretti di fronte alle brasseries di nome e di quelle meno nobili dalla grande piazza Sainte Catherine alle avenues residenziali; sfruttando il freddo naturale delle giornate e nottate dicembrine preparano già gran piatti di aragoste, altri crostacei, ostriche nelle varie tipologie e altri fruits de mer. “Dopo questo anno, che vuoi farci fare? il Natale senza aragoste?” chiede il pescivendolo portoghese che gestisce due ambitissimi banchi in supermercati a gran superficie. L’implicito è chiaro e senza repliche.

Del resto, Manuel Vázquez Montalbán a commento molto poco correct della sua ricetta per l’astice all’armoricane, dice che questo, o l’aragosta, sono “un piatto lussuoso e caro come alcune camicie e alcune vite. Nulla supera l’astice arrostito con furore e una salsa di limone e olio come sola compagnia. Quello all’armoricana, di più artificiosa preparazione, è però talvolta indispensabile per raggiungere la nudità essenziale dell’epidermide”. Le Ricette immorali, libriccino prezioso, edito da Feltrinelli in italiano, è ormai introvabile, ma con un po’ di dedizione trovate copie anastatiche o pdf sul web.

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Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
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