Cacciatori di aquiloni


Tutto il mondo è paese

Mi ha telefonato un’amica, una vecchia compagna di marachelle (allora, il massimo delle nostre birichinate era rubare qualche spicciolo dal portafoglio della mamma o tornare a casa oltre al coprifuoco imposto!).

“Che t’importa, è dall’altra parte del mondo” risponde alle mie riflessioni sugli eventi che hanno concluso il 2019 e aperto il 2020: occupazioni, movimenti sociali, manifestazioni, crisi politiche, devastazioni ambientali, emergenze climatiche. Com’è possibile farsi scivolare tutto addosso? Rispondo giusto quel tanto per non essere scortese, un semplice “Tu, come stai?” Passate bene le feste?”. Sorvolo e parlo di quanto sia assolutamente necessaria una dieta post natalizia e di come sarà faticoso iniziare lavorare dopo tanti bagordi. Attacco il telefono e non riesco a non pensare. Mi viene in mente un video che mi hanno inviato su WhatsApp, un intervento del sociologo e cattedratico Manuel Castells al Center Public Studies un paio di mesi fa. Il professore, tra l’altro da poco Ministro dell’Università in Spagna, illustra la sua visione delle esplosioni sociali che molte nazioni stanno vivendo in tutto il mondo prendendo spunto dall’esplosione sociale cilena.

Durante il seminario del 6 novembre 2019 al CEP (Center for Public Studies) "Esplosioni sociali: una visione globale" parla di crisi della democrazia liberale. Che dietro alle frasi da bar “Non sono più i tempi di una volta!” o “Tutto è cambiato!” si celi un’amara verità così lampante (direi fulminante!) da renderci ciechi e disinteressati, da pensare che ciò che succede a 15.000 chilometri di distanza non ci tocchi? Ritengo sia così, tutto è cambiato. Mi riconosco nelle affermazioni di Castells. Si tratta di un fenomeno globale, si è rotto il legame di fiducia tra governanti e governati, la gente non si riconosce più nei partiti politici che non considera più legittimi (nel 2019 in America Latina ben l’83% della popolazione), la “gente explota” dice Castells, così in Cile, come in Venezuela, in Bolivia, in Ecuador, in Cina, in Spagna. Si è superato il limite della tolleranza e più si reprime, più aumenta la rabbia e a questa segue la violenza che, ahimè, oggi si manifesta anche attraverso internet e i social. Con la crisi della legittimazione politica, continua Castells, abbiamo la conseguenza immediata della trasformazione frammentata e caotica del sistema politico e l’emergenza dei movimenti sociali che fanno affiorare nuovi valori. Dignità è la parola che unisce la mobilitazione mondiale, il fatto che non si venga riconosciuti come esseri umani con dei diritti; la sua rivalorizzazione necessita di un cambio culturale politico fondamentale che va oltre ai provvedimenti politici ed economici temporanei. Cara amica, va bene, parliamo pure di quanto era buono il panettone natalizio, con chi si è brindato a Capodanno, dei regali riciclati all’ultimo momento, ma tutto il mondo è paese; la plastica non è solo nel Pacifico, ma anche nel Tirreno, non ci sono incendi solo in Amazzonia e in Australia, ma anche straripamenti a Venezia, che la crisi politica non è avvenuta solo in Venezuela, ma anche in Italia e i diritti umani hanno un valore dappertutto.

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In questo numero hanno scritto:

Silvana Ambrosiani (Milano): manager
Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro