Cacciatori di aquiloni


Xenobot: cambio di paradigma?

Finora ci è stato insegnato che un farmaco per essere efficace dopo essere introdotto nell’organismo con diverse modalità (iniezioni, capsule, compresse, ecc.) deve raggiungere determinate concentrazioni per far sì che dove ce n’è bisogno ne arrivi una quantità sufficiente; bene, forse questo modello sta per essere superato per sempre.

Grazie alle conoscenze digitali, biotecnologiche, mediche, ingegneristiche, sono stati creati dei micro robot  che attraverso processi di DNN (deep neural network) possono “imparare” a svolgere determinati compiti e che, svolto il servizio, non vanno rottamati, sarebbe anche difficile decidere se metterli nell’umido o insieme ai RAE, ma si rottamano da soli, togliendo il disturbo una volta svolto il lavoro.

Sono progettati a partire dalle cellule staminali da equipe multidisciplinari (biologi, matematici, computer scientist) e quindi sono un ibrido tra l’artificiale e il naturale, tra animale e digitale. Nati nei laboratori dell’Università del Vermont, questi organismi sono infatti in grado di muoversi in modo coerente, ripararsi spontaneamente e trasportare un piccolo carico. Per crearli è sufficiente avere una rana della specie  Xenopus Laevis e un super-computer: la prima servirà per ottenere alcune cellule staminali (di pelle e cuore), che verrano separate e riassemblate in strutture anatomiche completamente nuove, il secondo per dettare un modello evolutivo a cui saranno sottoposte le cellule stesse, tramite un complesso algoritmo in grado di creare migliaia di candidati modelli di nuove forme di vita.

Le potenziali implicazioni di queste nuove macchine biologiche riguardano sia il campo della medicina che quello dell’ecologia. Data la loro capacità di trasportare materiale potrebbero essere utilizzati per la somministrazione di farmaci verso target ultraspecifici, riducendo l’interferenza con altri sistemi e, quindi, gli effetti collaterali, oppure per rimuovere placche aterotiche viaggiando nel circolo arterioso, fino ad arrivare alla raccolta delle microplastiche negli oceani.

I grandi vantaggi dell’uso dei piccoli robot? Possono eseguire movimenti programmati, si riparano spontaneamente quando vengono danneggiati e sono interamente biodegradabili, quindi, volta terminata la loro funzione, diventano semplicemente… cellule morte.

Il prof. Bellelli, ordinario di biochimica all’Università La Sapienza di Roma, ci invita però a frenare facili entusiasmi perché gli xenobot hanno due grossi problemi: sono fatti “a mano”, e quindi costano una fortuna, e sono molto facilmente attaccabili dai sistemi immunitari dell’organismo in cui dovrebbero essere immessi per svolgere il loro compito.

Quindi, se da una parte sembrerebbe che gli xenobot siano i perfetti candidati per la nuova frontiera della ricerca, soprattutto per quanto riguarda la comprensione dei processi alla base della comunicazione tra cellule, dall’altra questi aprono le porte a un grande dibattito etico sulla manipolazione della genetica e sulla creazione artificiale della vita. Staremo a vedere.

Ma intanto continuiamo a fare i bravi seguendo dei comportamenti virtuosi, scegliendo con cura i cibi da mettere in tavola e facendo esercizio fisico con regolarità. Sembra banale, ma già così si abbassano di molto i rischi di aver bisogno degli xenobot.

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Zafferano

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