Musica in parole


Duecento anni di Nona

Beethoven frequentò da studente la facoltà di filosofia dell’Università di Bonn e negli ambienti universitari scoprì le opere di Friedrich Schiller, compresa l’ode An die Freude (Inno alla gioia), pubblicata nel 1786. Il componimento esprime l’ideale romantico di una società in cui gli uomini sono uniti tra loro dall’aspirazione alla fraternità, all’universalità.

Già da qualche tempo il giovane Ludwig frequentava i salotti della borghesia di Bonn, la biblioteca di corte e la locanda con libreria Zehrgarten, luogo in cui era facile incontrare intellettuali e professori universitari e dove le discussioni erano a carattere culturale e politico.

Nacque in lui l’interesse per molte discipline, astronomia, teologia, letteratura, poesia; cominciò a elaborare la possibilità di esprimere nella propria arte i valori delle sue letture di quegli anni.

In particolare quell’inno schilleriano aveva colpito Beethoven ed esistono abbozzi e appunti dai quali si nota come si fosse fatta strada in lui l’idea di musicare alcune di quelle strofe.

Siamo negli anni tra il 1798 e il 1815 e già dal 1811 era percepibile la sua intenzione di lavorare a nuova sinfonia, dopo l’Ottava. L’ode di Schiller rimase nella mente del compositore parecchio prima di prendere la forma definitiva che tutti conosciamo: uscirà dalla sua penna nel 1824, inserita nella sua ultima sinfonia, la Nona.

Siamo ora vicini alla data in cui si festeggerà il bicentenario della prima esecuzione della sinfonia beethoveniana n. 9, avvenuta il 7 maggio 1824 al Theater am Kärntnertor di Vienna.

Omaggi alla ricorrenza sono previsti lungo tutto il 2024. Tanto per citarne alcuni, l’Inno alla gioia risuonerà il 7 maggio prossimo a Vienna e alla Scala, mentre sarà il fiore all’occhiello dell’estate all’Arena di Verona.

Capolavoro assoluto della storia della musica, la Nona Sinfonia in re minore per soli, coro e orchestra op 125 è un monumento per il quale si sono spese infinite parole, ancor più per quel finale che reca la novità di una parte corale in partitura. Nel musicare l’ode di Schiller Beethoven decise per un arrangiamento libero e non impiegò tutte le strofe.

Secondo l’autorevole musicologo Massimo Mila, l’intenzione non rivelata del grande Maestro era quella di celebrare non la “gioia” ma la “libertà”. Cosa che fece Leonard Bernstein sostituendo la parola Freude (gioia, nel testo di Schiller) con la parola Freiheit (libertà) in un’occasione speciale, cioè quando nel 1989 a Berlino, per celebrare la caduta del Muro, diresse quelle pagine beethoveniane a capo di un’orchestra formata da membri di varie compagini orchestrali europee.

Fu una delle memorabili esecuzioni della Nona nel Novecento, dopo quella diretta da Toscanini a New York nel 1913.

Grande festa nel 2024 per onorare ancora una volta il Genio di Bonn.


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